“Nonostante il massivo ricorso operato d’urgenza, lo Smart Working ha dimostrato di costituire un ottimo strumento di flessibilità della prestazione lavorativa, favorendo altresì anche il contenimento del contagio da Covid-19 e la tutela della salute e della sicurezza dei lavoratori”. Lo dichiara in una nota il Segretario generale della UILPA Nicola Turco, aggiungendo che “superate le primissime difficoltà operative, nelle Amministrazioni centrali la percentuale dei Smart Workers ha raggiunto l’80% circa della popolazione lavorativa complessiva, dimostrando che una buona parte delle attività, grazie anche alle moderne tecnologie, possono oggi essere svolte anche da remoto”.
Secondo Turco “tale evidenza deve tradursi nel futuro in una nuova sfida che è quella di sostenere il ricorso al lavoro agile ben oltre il 10% minimo previsto dalla vigente disciplina in materia, con conseguenze positive sia per quanto riguarda la conciliazione delle esigenze familiari con quelle lavorative sia per contenere le esigenze di mobilità nei grandi centri urbani, con ricadute positive su inquinamento ed ambiente”.
“Apprezziamo, quindi, l’auspicio del Ministro della Pubblica Amministrazione Fabiana Dadone che ha dichiarato che - una volta cessata l’emergenza - tale occasione venga colta per elevare la percentuale dei lavoratori in Smart Working a circa il 30-40% dei lavoratori della P.A.”, rappresenta Turco.
“Condividiamo tale ipotesi”, continua Turco evidenziando come “tutto ciò presupponga necessariamente un cambiamento culturale in materia di organizzazione del lavoro ed una rivisitazione del concetto di produttività che dovrà avere parametri diversi da quelli utilizzati per la prestazione lavorativa ordinaria”.
Il Segretario Generale della Uilpa rileva che “se finora lo Smart Working ha stentato a decollare la causa può essere rinvenuta, oltre che nella evidente mancanza di investimenti in termini di risorse economiche e strumentali, soprattutto - come testimoniato dall’emergenza Covid-19 – nella diffidenza di una buona parte della dirigenza, nella sfiducia rispetto alle capacità di autodeterminazione dei lavoratori e, non da ultimo, nell’assenza di un approccio organizzativo del lavoro correlato principalmente alle effettive competenze dei personale e non alla mera presenza fisica”.
Il sindacalista constata come “a tal proposito non si possa che dare ragione all’analisi del sociologo Domenico De Masi che - nel corso di una intervista rilasciata pochi giorni fa a Rai News 24 – ha rilevato che se oggi, a causa del fenomeno emergenziale ben 8 milioni di lavoratori, tra pubblici e privati, sono in Smart Working, allora il motivo per cui fino a questo momento il lavoro agile non aveva trovato applicazione tra i lavoratori risiede nel fatto che ‘i capi li hanno voluti tenere sotto le loro grinfie’, definendo ciò come una ‘cosa vergognosamente antiquata’.”
“Sottolineiamo, quindi, che d’ora in poi la diffidenza della classe dirigente non potrà più essere d’ostacolo al positivo utilizzo di una metodologia di lavoro nei confronti della quale i lavoratori hanno peraltro dimostrato di essere molto più pronti e reattivi dei propri datori di lavoro”, conclude Turco.