Il recente pubblico avviso del 23 dicembre 2016, con cui si affida ad un soggetto privato la valorizzazione di Palazzo Litta, a parere delle scriventi Organizzazioni Sindacali, UIL PA Beni ed Attività Culturali e CGIL FP Coordinamento Beni Culturali Milano e Lombardia, è stato emanato in violazione delle norme del Codice Beni Culturali. In poche parole è stata compiuta dal Segretariato Regionale Beni Culturali della Lombardia una privatizzazione di un bene culturale pubblico, affidato ad un soggetto privato commerciale, in totale assenza di alcun ritorno economico o culturale.
- 1) Il bando sembra confondere la figura dello sponsor con quella del concessionario di attività di valorizzazione, nonché gestore del Palazzo. Se si voleva gestire indirettamente Palazzo Litta occorreva redigere un bando non per sponsor, ai sensi degli art. 19 e 151 Codice Contratti (Dlgs 50/2016), ma ai sensi dell’art. 115 Codice Beni Culturali per la delega delle funzioni di valorizzazione. Questa normativa impone un progetto culturale ed un piano gestionale, che deve essere elaborato dalla stazione appaltante, quale cuore essenziale del pubblico bando;
- 2) ma anche in questo caso non sarebbe stato possibile, perché il Segretariato Regionale è organo di tutela e non di valorizzazione e tra i suoi compiti non presenta quello di valorizzare culturalmente il Palazzo, dove ha sede. Il compito di valorizzare i beni culturali statali della Lombardia spetta al Polo Museale, che detiene risorse strumentali ed economiche.
- 3) L’unica strada da percorrere per valorizzare Palazzo Litta sarebbe stata quella di farlo dichiarare dal Ministero “Luogo della Cultura” nel senso previsto dal Codice Beni Culturali, cioè “sito museale”, per aprirlo al pubblico al fine della sua fruizione. Strada assolutamente non percorsa dal Segretariato che con questo bando ha invece scelto di affidare commercialmente il Palazzo, bene culturale pubblico, ad un soggetto privato con scopo di lucro.
- 4) L’avviso presenta una grande contraddizione strutturale: parla di attività culturali (che non spettano comunque al Segretariato Regionale in quanto si tratta di organo che presenta una mission diversa dall’Assessorato alla Cultura del Comune di Milano) e nel contempo parla di profitti. L’unico profitto ammissibile per spazi pubblici culturali non museali è dato dalla loro concessione temporanea ed onerosa ai sensi degli art. 106 e 108 del Codice Beni Culturali. Un organo ministeriale di tutela dell’interesse culturale non può arrogarsi attività di profitto, né delegarle ad alcun soggetto privato.
- 5) Un’altra grande contraddizione ed illegittimità strutturale dell’avviso pubblico (e quindi causa di assenza di interesse e di motivazione pubblica dell’avviso stesso) appare a parere delle Scriventi, data dal fatto che il Segretariato da una parte vuol porsi come soggetto culturale, creativo e progettuale, andando oltre la logica del mero “affitto-spazi”, dall’altra delega, “a scatola chiusa”, l’intero progetto culturale al soggetto aggiudicatore, invertendo il rapporto progetto/bando. Il progetto culturale-gestionale dovrebbe essere oggetto dell’avviso e non competenza dell’aggiudicatario.
- 6) Neppure si può parlare di un modello gestionale, ma si tratta semplicemente della delega a privati del potere di concessione di spazi pubblici. Ma il potere di concessione di beni culturali ex art. 106-108 Codice Beni Culturali non può essere delegato a privati in quanto è potere/dovere ministeriale esclusivo.
- 7) L’avviso sembra fatto dall’Assessorato alla Cultura di un Comune, in quanto si riferisce genericamente a qualsiasi tipo di attività culturali, senza però alcun riferimento alle specificità storico-artistiche di Palazzo Litta quale bene culturale.
- 8) Non solo non è prevista, né garantita alcuna valorizzazione culturale di Palazzo Litta, ma neppure alcun ritorno economico. Si tratta di una concessione sostanzialmente gratuita, in quanto nessun evento culturale produce profitti (il 50% di essi deve poi essere gratuito) ed è previsto solo un misero 2% per il Ministero Beni Culturali in caso (assolutamente irrealistico) di profitti che non superano il 30% dei costi, limite che neppure il Louvre riesce a superare! il Codice Beni Culturali non prevede percentuali di partecipazione ad “utili derivanti da eventi pubblici”, né prevede una standardizzazione (al ribasso) dei canoni di concessione, che vanno predeterminati a monte secondo precise categorie-tipologie di eventi.
- 9) L’avviso quindi confonde i canoni di concessione (che non sono profitti ma componenti obbligatorie di concessioni amministrative ex 106-108 Codice) con profitti che non spettano agli organi del Mibact, né a nessuno. Il presente avviso sembra permette profitti ad un soggetto privato commerciale, che si sostituirebbe al Segretariato nella gestione di un bene culturale pubblico: a parere delle scriventi senza alcuna reale motivazione di vantaggio pubblico e senza alcuna base normativa.
- 10) Il valore economico stimato di 120.000 euro non viene motivato né giustificato ed è impossibile da definire, a priori in assenza di un progetto e programma culturale. Non si può quantificare alcun costo o valore in assenza nella definizione degli eventi che si vogliono realizzare.
- Nonostante le intenzioni retoriche, questo avviso permette ad un privato con scopo di lucro di gestire liberamente e gratuitamente un bene culturale statale, a parere delle scriventi, senza alcun reale controllo, né linee guida da parte del Mibact e senza alcun reale vantaggio pubblico. Con questa aggiudicazione si introduce un nuovo modello gestionale, non previsto dalla normativa vigente e, di fatto, Palazzo Litta resterebbe una “scatola vuota”, cosa che si dice paradossalmente di voler evitare. Una scatola vuota però del tutto privatizzata!
Milano, 20 settembre 2017
Artemisia Fasano, UIL PA Beni Attività Culturali Milano e Lombardia
Maria Teresa Caracciolo, CGIL FP Coordinamento Beni Culturali Milano e Lombardia